Franco Cannavò, abbandonò la sua dimensione terrena il 2 gennaio 2015. Quando giungemmo alla camera mortuaria ove il nostro Franco attendeva d’essere fatto bello – il trucco e patrucco, diciamo così, per lo spettacolo finale – era primo pomeriggio. Eravamo io, Eliana e Roberto. Loro due conoscevano Franco da molto prima di me e in auto andando all’ospedale ricordavano gli scherzi che era solito fare agli amici, alcuni davvero pazzeschi, tipo il suo finto matrimonio poi rivelatosi l’unione tra un asse da stiro e un’aspirapolvere. Nacque quindi in noi la speranza che fosse anche questo uno scherzo, non era poi così inverosimile. Ci immaginammo che il morto fosse magari un omonimo, che Franco ebbe occasione di scoprire e che magari fosse anche povero, solo al mondo, senza amici e infelice. In questo modo Franco gli avrebbe fatto una sorta di omaggio, almeno in morte, di una qualche attenzione.  E quando lo vedemmo in rigor mortis e ancora da truccare non sembrava neanche lui. Cominciammo a girare intorno al letto e ad osservarlo in ogni parte, cercando di cogliere una qualche differenza somatica, sezionandolo visivamente, occhi e naso, bocca e così dire. Ma lui niente, seguitava a rimanere immobile. In quel turbine di girare di amici intorno, in quella sorta speranzosa di un girone demenziale. Ci mancava solo che gli facessimo il solletico ai piedi aspettandoci una reazione. Poi notai che Eliana, non troppo alta di statura, faticava a vederlo bene frontalmente in volto. Quindi la immaginai salire su una sedia, la sedia traballare, lei cadere su Franco. L’atmosfera si era fatta surreale. Mi avvicinai di nuovo al suo volto e dopo un po’ che lo guardavo ebbi come la sensazione di percepire un alito uscir dalle sue labbra, riconobbi chiaramente la sua espressione, compresi che era tempo di accettare la sua sorte. Era proprio lui. Proprio lui fino alla fine, riuscendo a farci ridere pure il giorno della sua morte. Ridere, malgrado, l’amaro che rimase.

  • Ciao, Franco. Grazie per le risate fatte insieme negli anni e per la tua disponibilità che non ebbe mai a mancare.

Marco Testa

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